DECRETO BRUNETTA. UNA TOPPA PEGGIORE DEL BUCO?

In allegato la manchette pubblicata oggi su diversi quotidiani

 Nel decreto legislativo di attuazione della legge 15 – comunemente chiamato decreto Brunetta -, oltre a numerosi interventi che modificheranno, in peggio, le condizioni salariali e di lavoro dei 3.500.000 dipendenti pubblici e delle centinaia di migliaia di lavoratori precari che da anni contribuiscono a mandare avanti la pubblica amministrazione, è contenuta una riformulazione dei comparti di contrattazione che, se resa effettiva, provocherà un gravissimo vulnus alla democrazia e al pluralismo sindacale nei luoghi di lavoro pubblici.

Il decreto prevede infatti la riduzione dei comparti di contrattazione da 10 a 2, non specificando in alcun modo come questi dovranno essere composti e come e quali lavoratori degli ex 10 comparti vi confluiranno.

Alla faccia della semplificazione! Più che di semplificazione sembra trovarsi davanti ad una vera e propria profonda modifica degli assetti contrattuali – e quindi negoziali – discendenti dal decreto Bassanini.

La Legge Bassanini, nota ai più come “Legge anti sindacato di base” per il tentativo implicito che vi si celava di ridurre la possibilità perle organizzazioni diverse da Cgil, Cisl e Uil di accedere ai tavoli negoziali, prevedeva comunque che se una confederazione avesse raggiunto e superato il 5 % medio di voti e deleghe in almeno due comparti di contrattazione, sarebbe stata considerata maggiormente rappresentativa e avrebbe avuto la possibilità di negoziare anche gli accordi quadro che riguardano tutta la pubblica amministrazione.

Nonostante gli innumerevoli ostacoli posti ai sindacati di base e alle formazioni autonome, in tutti i comparti attuali esiste una rappresentanza sindacale plurale fatta cioè, oltre che da Cgil,Cisl e Uil anche dalla presenza della RdB e/o di sindacati autonomi. La RdB è oggi agente contrattuale con pieni diritti in ben 6 comparti di contrattazione.

Il decreto Brunetta, ora alla attenzione del Parlamento nelle Commissioni Lavoro Camera e Senato e che deve essere approvato dal Consiglio dei Ministri entro novembre, pur prevedendo che i comparti di contrattazione dovranno essere ridotti a due, non affronta in alcun modo la questione della rappresentanza confederale che quindi, non venendo modificata, rimane legata alla maggiore rappresentatività in almeno due comparti come stabilito dalla Bassanini. Ma se i comparti diventano due, presumibilmente ciascuno composto da oltre 1.500.000 lavoratori, quali organizzazioni rimarranno rappresentative dopo che la scure si sarà abbattuta?

 

IL MINISTRO BRUNETTA STA FAVORENDO CGIL CISL E UIL

 

Sembra paradossale ma proprio il Ministro che più di altri ha sostenuto di voler attaccare, con l’obbiettivo di ridurne il peso, la rendita di posizione che questi sindacati si sono costruiti nel tempo nella pubblica amministrazione e nel Paese, con questo decreto favorisce il ripristino del monopolio della rappresentanza nel pubblico impiego per Cgil, Cisl e Uil. Con ogni probabilità, infatti saranno queste le uniche organizzazioni che, proprio grazie alla propria rendita di posizione e all’occupazione dei posti di potere nella pubblica amministrazione che hanno scientificamente perseguito per anni, riusciranno ad avere la rappresentatività in tutti e due i comparti rimanendo così gli unici a beneficiare della qualifica di Confederazione maggiormente rappresentativa e quindi a poter negoziare gli accordi quadro.

 

L’OLIGOPOLIO DI CGIL CISL UIL NEI LUOGHI DI LAVORO VIENE OGGETTIVAMENTE RAFFORZATO

 

Emergono ormai con chiarezza tutti i limiti della Legge Bassanini, soprattutto la pretesa di legare la verifica della rappresentatività alla rappresentatività raggiunta nei comparti di contrattazione. La RdB sostiene da sempre che la rappresentanza va verificata, nel pubblico come nel privato, attraverso una elezione democratica, senza alcuna riserva ai firmatari di contratto, su lista nazionale, (o regionale per i comparti orizzontali – Regioni Autonomie locali Sanità - per favorire la realizzazione del federalismo anche sul piano delle relazioni sindacali) attraverso cui, con il mix di voti/iscritti, verificare il consenso alla organizzazione, e una di luogo di lavoro con cui eleggere i delegati dei lavoratori.

Se verrà sganciata dai comparti la verifica della rappresentatività delle organizzazioni, allora sarà molto più semplice, attraverso un serio confronto sindacale, giungere ad una semplificazione e razionalizzazione dei comparti di contrattazione, avendo eliminato tutti gli impedimenti frapposti a tale realizzazione dagli interessi materiali delle organizzazioni sindacali del pubblico impiego - che in questi giorni, come in un suk, stanno contrattando perché da due si passi a quattro, sei, sette comparti a seconda di chi fa la proposta -, ma se ciò non fosse oggi possibile allora la RdB chiede che venga comunque salvaguardato e tutelato il pluralismo sindacale e la rappresentatività raggiunta mantenendo inalterato il quadro attuale di contrattazione.