UNA SPALLATA IERI, UNA OGGI, UN'ALTRA DOMANI… COSA RIMANE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE?

A partire dal D.L.29/93,  passando per  Bassanini, con la conseguente privatizzazione del rapporto di lavoro, continuando con il Memorandum,  fino alle ultime disposizioni previste dalla 133/2008 e dalla Finanziaria 2009 e dagli altri provvedimenti legislativi  in discussione al Parlamento, esiste un unico filo conduttore che tenta di mascherare attraverso la formula magica della “riforma”, l’intenzione  di smantellare la Pubblica Amministrazione.

 

Tagli agli organici, tagli alle spese, chiusura di uffici, previsione di mobilità per i dipendenti pubblici, sono ormai sotto gli occhi di tutti e solo chi è in completa malafede può far finta di non comprendere che attraverso i tagli non si riforma, ma si distrugge.

 

Ma se qualcuno pensava che l’operazione, accelerata dal Governo Berlusconi, fosse ormai conclusa, si sbagliava di grosso. E' stato infatti approvato dalla Commissione Lavoro del Senato il testo del disegno di legge 847,  contenente le norme di riforma della pubblica amministrazione, frutto di un accordo bipartisan tra maggioranza ed opposizione. Il testo  nasce infatti dalla confluenza tra la proposta originaria di Brunetta e quella di Ichino, senatore del Partito Democratico, entrambi fanatici detrattori dei dipendenti pubblici. Si tratta di un disegno delega che prevede quindi, entro nove mesi dalla sua entrata in vigore,  l'adozione di uno o più decreti legislativi che andranno a riformare , anche attraverso la revisione del decreto legislativo  165/2001, la disciplina del rapporto di lavoro pubblico e la relativa contrattazione collettiva.

 

Quello che emerge con chiarezza è la volontà di rendere inaccettabili le condizioni di lavoro dei dipendenti pubblici.

 

Il disegno di legge prevede che i decreti attuativi operino in profondità su quelli che potremmo definire 3 macro-filoni di intervento:

 

·        La riforma della contrattazione.

·        La valorizzazione della meritocrazia e della premialità.

·        La maggiore autonomia e responsabilità della dirigenza.

 

Sul primo punto il testo prevede la riforma del modello contrattuale, che dovrà, unificando le regole del pubblico e del privato, far coincidere la valenza normativa con quella economica: è in sostanza la previsione della triennalizzazione del contratto, voluta da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria. Una scelta che ci riporta indietro negli anni, a quando i contratti erano triennali, ma la scala mobile salvaguardava automaticamente  i salari dalla perdita del potere d’acquisto!  Verranno rafforzati i controlli sui contratti integrativi e verranno fissati nuovi ambiti  tra materie di competenza della legge e  di competenza del contratto, con l’intenzione precisa di svuotare di contenuti la contrattazione che avrà una funzione residuale e priva di autonomia negoziale.

 

Per quanto riguarda il secondo punto sarà prevista l’impossibilità di erogare i compensi incentivanti a tutto il personale, attraverso l’individuazioni di percentuali di personale da “premiare”. La valutazione individuale  sarà condizione non solo per l’erogazione del salario accessorio, ma anche per quanto riguarda le progressioni di carriera, comprese quelle economiche. Gli utenti saranno coinvolti nelle procedure di valutazione delle Amministrazioni. E’ evidente che siamo quindi di fronte alla trasposizione normativa dei contenuti del Memorandum, siglato tra Governo Prodi e Cgil, Cisl e Uil!

 

I dirigenti, e qui siamo al terzo punto, diventano responsabili, con conseguente perdita del salario accessorio, della mancata vigilanza sulla produttività del personale e saranno previste sanzioni a carico dei dirigenti negligenti nel perseguire disciplinarmente i dipendenti. Sarà prevista la responsabilità erariale del dirigente in caso di mancata individuazione delle unità in esubero.

 

Per un’analisi più dettagliata  rinviamo al nostro lavoro di commento al decreto, che potete consultare sul nostro sito www.rdbcub.it  “Sintesi del disegno di legge n°847”, ma riteniamo che gli elementi ci siano già tutti per comprendere il piattino che si sta  preparando ai danni dei dipendenti pubblici.

 

In nome dell’efficienza, della produttività, della meritocrazia si creeranno condizioni di assoluta invivibilità nelle strutture della Pubblica Amministrazione. L’ultimo tassello che mancava  era quello del conferimento di maggiori poteri alla dirigenza, responsabile di aver fatto fallire, per incapacità e per clientela, le riforme già attuate negli anni passati. Ora il quadro è completo e non è fantascientifico immaginare che i dirigenti useranno ogni strumento a loro disposizione per non rimetterci di tasca loro e quindi, per non essere colpiti in prima persona,  colpiranno i  lavoratori, ricattandoli e facendogli abbassare la testa.

 

Di tutto questo non dobbiamo ringraziare solo il Governo attuale, ma anche quelli precedenti; non solo Confindustria, ma anche Cgil, Cisl, e Uil: se lo ricordasse bene chi oggi ancora spera in una possibile trasformazione di pezzi del sindacato concertativo.

 

Il lupo perde il pelo ma non  il vizio!