USB PI firma il CCNL Funzioni Centrali
Nazionale - lunedì, 4 maggio 2020
La pandemia che ha colpito il nostro Paese ha trasformato radicalmente le nostre vite. I decessi, i contagi, l’emergenza sanitaria ci hanno messo di fronte ad un quadro che ha evidenziato in tutta la sua crudezza la fragilità di un sistema che negli ultimi anni ha progressivamente e scientemente abbandonato la politica di prevenzione, a partire da quella delle emergenze sanitarie, la medicina territoriale, l’assistenza agli anziani, a solo beneficio del profitto privato.
Le conseguenze di questa crisi sono sotto gli occhi di tutti e sono solo agli inizi. Conseguenze sul piano economico, sul piano sociale, sul piano delle restrizioni delle libertà individuali.
Siamo di fronte ad un cambio di fase epocale, come non se ne vedevano dalla fine della seconda guerra mondiale. Niente sarà più come prima, crediamo che ormai sia chiaro a tutti e nessuno di noi è in grado oggi di prevedere esattamente la portata del cambiamento.
Quello che è certo è che niente dovrà essere più come prima se il prima è quello che ha causato tutto questo. Sta a noi, a tutti noi, progettare ed indirizzare il cambiamento che dovrà avvenire, a partire dalla consapevolezza della necessità di cambiare pagina in termini di welfare, di pretendere che lo Stato, il sistema pubblico, si riappropri con decisione di tutto quello che negli anni ha ceduto al profitto del privato: vale per la sanità ma anche per la scuola, per la previdenza e per ogni aspetto di quello stato sociale che massacrato negli anni non ha retto, perché già malato grave, agli effetti seppur devastanti della pandemia.
Su questo tema si apre una battaglia che dovrà vederci protagonisti come lavoratrici e lavoratori del pubblico impiego.
Questa fase ci ha indotto come USB Funzioni Centrali ad aprire una lunga ed articolata riflessione sulla necessità di ri/prenderci tutti gli spazi che ci spettano, e sottolineiamo che ci spettano, a partire dalla partecipazione a tutti i tavoli di confronto sulla rivoluzione che si abbatterà sul mondo del lavoro pubblico, attraverso la firma del contratto.
Un contratto che continuiamo a valutare come un pessimo contratto sia sotto l’aspetto economico che sotto quello normativo, un contratto ormai scaduto, che non faremo mai nostro e continueremo ad osteggiare duramente fuori e dentro ai tavoli, come abbiamo fatto fino adesso.
Se è vero che a causa o grazie alla pandemia, dipende dai punti di vista, si aprirà una vera e propria ristrutturazione della Pubblica Amministrazione, noi vogliamo ri/appropriarci di tutti gli spazi di confronto con le singole Amministrazioni per discutere di organizzazione del lavoro, di salute e sicurezza, di cancellazione della valutazione, di reinternalizzazione della funzione informatica e di tutte quelle attività date in concessione o in appalto al privato, di internalizzazione dei servizi ausiliari, di tutela del salario, di orario di lavoro e di assunzioni, a partire da quelle dei lavoratori delle società appaltatrici.
Vogliamo parlare di smart working che rischia di essere utilizzato per reintrodurre il lavoro a cottimo, per creare un rapporto uno ad uno tra dirigente e lavoratore, per dilatare a dismisura i tempi di lavoro a scapito di quelli di vita, senza alcun riconoscimento economico. Uno smart working che solo incidentalmente e surrettiziamente risolverà in parte il problema della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, ma fondamentalmente sarà rivolto ad aumentare la produttività a costo zero, a risparmiare in termini di strumentazione, di consumi, di spazi e in prospettiva di personale. Un vero e proprio cambio di paradigma culturale per la P.A.: passare dalla logica di un lavoro da svolgere in un orario e luogo ben determinato e definito alla logica del risultato individuale, slegato dal tempo e dallo spazio.
Ma lo smart working sarà solo uno dei tanti aspetti che verranno messi sul piatto del cambiamento.
Vogliamo per questo ri/appropriarci di tutti quegli spazi che in tanti, a partire da tutte le organizzazioni firmatarie “convinte”, ci hanno sottratto attraverso una clausola contrattuale antidemocratica che ha tentato di negarci il riconoscimento del ruolo legato alla rappresentatività, l’ignobile art.7 che continueremo a combattere fino alla sua eliminazione.
Una firma non tecnica, non di ripiego, ma una firma che arriva dopo battaglie condotte con tutti i mezzi e in tutti i modi fin dall’ormai lontano febbraio 2018, all’indomani della nostra non sottoscrizione del CCNL delle Funzioni Centrali. Non ci ha fermato la protervia fascistoide di chi ci ha impedito anche fisicamente di partecipare ai tavoli, non ci ha fermato l’aver perso un ricorso in primo grado. Non ci ha fermato neanche il tentativo di escluderci dai lavori della Commissione sull’ordinamento professionale.
Ma tutto questo fa parte di un’altra era. Oggi il mondo è cambiato. E tanto.
E noi vogliamo esserci, orgogliosamente dobbiamo esserci e non lasciare nessuno spazio a chi in questi anni ha tentato di metterci a tacere, a partire da CGIL CISL e UIL completamente latitanti nella prima fase dell’emergenza sanitaria, quella più dura e difficile, per poi affrettarsi a sottoscrivere un protocollo d’intesa con il Ministro Dadone, inutile nei contenuti ma necessario a riaffermarne il ruolo e ad esigerne il monopolio.
Vogliamo esserci, per incidere sull’organizzazione del lavoro che diventa difesa della salute e sicurezza in un momento in cui la pandemia, non ancora finita, limita fortemente e ulteriormente, dopo i decreti sicurezza, anche l’agire sindacale con i consueti mezzi a nostra disposizione.
Siamo sempre più convinti che USB è il sindacato che serve. Soprattutto in questa fase di cambiamento.
E se per fare quello che abbiamo detto può servire anche strumentalmente una firma, non sarà certo questo a snaturare il nostro modo conflittuale di fare sindacato così come abbiamo dimostrato in tutti questi anni.
Roma, 4 maggio 2020
USB PUBBLICO IMPIEGO